Alcuni luoghi restano impressi nella memoria più di altri. Caratteristiche paesaggistiche e anche architettoniche che non si dimenticano.
Spulciando in un album di vecchie foto ho ritrovato queste con immortalato un pezzo di quel che resta della diga del Gleno

diga del Gleno in Val di Scalve
per chi non sa può apparire una bella costruzione stile liberty dell’inizio del secolo scorso, ma quello che rimane oltre alle sedici volte della foto, è questo:

Uno squarcio immenso che il 1° dicembre del 1923 riversò a valle quasi 6 milioni di metri cubi d’acqua con dentro tutto quello che una mole d’acqua di quelle dimensioni può trascinare: perirono circa 360 persone secondo le stime ufficiali.
Ora la valle è muta, nel silenzio delle storie di malaffare.

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Informazioni su Paolo Popof
Se fai un giro nel mio blog puoi apprendere qualcosa in più di quel che so io di me.
La storia è sempre la stessa, avidità, malaffare, come scrivi tu, indifferenza… 😦
La bellezza di una costruzione rovinata dal marcio che regna nelle persone e che è costata la vita ad altre persone inconsapevoli ed innocenti!!!
Una pagina triste di storia!!
Un caro saluto e serena notte, Pat
Un’opera che sembra imponente e che seminò tanti morti. Un disastro che, dopo aver letto il link indicato, atterrisce ancor più. Perchè il malaffare è sempre vivo e vegeto e in ogni dove.
Un plauso per il post, che scuota sempre più certe coscienze!
marirò
Caro Paolo,
l’Italia è sempre una bella creatura che gli uomini non fanno altro che martoriare nella speranza di appropriarsi di un lembo di terra.
Ma la fortuna è che, a parte le malefatte e le ruberie, è la Natura che alla fine si riappropria dei suoi possedimenti.
Come si vede in queste foto, resta una specie di bellezza aspra delle ferite che si sono cicatrizzate in valli piene di verde e di fiori e foglie e vita…
Un abbraccio,
Piero
Non conoscevo la storia di questa tragedia. Fino ad adesso la mia memoria si fermava al Vajont. Una nuova testimonianza del malaffare italiano e, visto che altre simili tragedie si sono susseguite dopo questa del 1923, dell’incapacità umana di imparare dagli errori del passato.