Gennaio novembrino

Anche stamattina il paese si sveglia con un suono di campane. In quel suono ognuno sente qualcosa di diverso, qualcosa che gli appartiene e che inizia con tutte le promesse e le incognite di un nuovo giorno. Rintocchi che interrompono il silenzio mentre il sole all’orizzonte s’alza lesto. Basta chiudere gli occhi e riaprirli tra un rintocco e l’altro per avere l’llusione che il sole si alzi a scatti.
L’alba non è fredda, come dovrebbe esserlo un’alba di fine gennaio. Niente neve, niente nebbia ed un cielo che per tutto il mese ha mantenuto la promessa di restare azzurro.
Strano questo gennaio segnato dal un cambiamento climatico, altro che giorni della merla. Questo gennaio non è stato silenzioso e lieve e nemmeno un fiume addormentanto, come cantava il poeta, piuttosto è stato caratterizzato da un turbine di avvenimenti che segnano il quotidiano con la pretesa di segnare la storia.
Quasi un attentato terroristico al giorno in giro per il pianeta. Se non ci fossero i mezzi di comunicazione globali ogni evento resterebbe legato al ricordo dei pochi coinvolti, invece ci sentiamo tutti colpiti. Che un fatto accada a Parigi o a Giacarta, è come se avvenisse dietro la porta di casa e non a migliaia di chilometri. Quello che Bauman ha chiamato “Il demone della paura”, entra nelle nostre case dalle finestre televisive insieme a una pletora di guerrafondai che lo fomenta intessendo una tela che tende a mischiare terrorismo e profughi.
Questo mese di gennaio, è stato anche segnato dal capodanno goliardico di Colonia, dove centinaia di donne hanno denunciato scippi e abusi sessuali, fatti di gesti ma molto più spesso di parole. Naturalmente di parole se ne sono riversate milioni di altre, scomodando reperti storici (nessuno ha ricordato i Vespri) e dimenticando di chiedersi dove fossero, non la polizia, ma quantomeno i maschietti di Colonia in quella tormentata notte.
Tra poco sarà Carnevale, alcune città tedesche hanno annullato i festeggiamenti dell’occasione. Dicono per evitare che i fatti di Colonia si ripetano, forse per evitare che gruppi di facinorosi mascerati per il carnevale approfittino della festa per innescare una serie di azioni violente.
In quest’ultima settimana di fine mese, che da tempo vede il calo delle vendite nei supermercati e l’aumento di clienti nei mercali rionali, c’è anche stata la visita in Italia del presidente iraniano Rohani, vestito alla sua maniera. Impossibilitati a far indossare un turbante al nostro Presidente del Consiglio, per rendere l’ambiente accogliente per l’ospite, i nostri cerimonieri han pensato bene di fargli trovare i corridoi pieni di scatole che, se nessuno avesse sollevato dubbi sul contenuto, qualcun altro avrebbe potuto instillare in lui l’illusione che fossero dei doni da portarsi dietro dopo l’abolizione delle sanzioni e la firma dei contratti. E’ andata male, ma se non altro con quella maldestra censura di nudi marmorei, mezzo mondo ha preso atto di quanto lontani siano i credo religiosi dal vivere comune. Nessuno s’è accorto della statua di Marco Aurelio in Campidoglio._DSC0047

RETE IDRICA PENELOPELORITANA ZANCLEA

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L’acqua è un bene prezioso, ancor più prezioso quando manca. Oro che cola dai rubinetti. Liquido che è un delitto sprecare versandolo direttamente nella rete fognaria dopo essersi lavati le mani. Basta un secchio sotto il lavandino e si ha quel che serve per lo sciacquone.
Se quello descritto sopra è un comportamento normale per una roulotte, per una città come Messina, da mesi è tornata una necessità quotidiana.
Mi raccontano, parenti ed amici, di pellegrinaggi periodici a casa di congiunti che abitano in zone meno disgraziate, tutto per elemosinare una doccia. Eh si perchè per il resto si usa l’acqua minerale in bottiglia e, vista la richiesta di mercato, anche confezionata in taniche da decine di litri e in autobotti, per fini condominiali. Resta inguaiato chi ha pesci in acquario.
Quarantanni fa sul terrazzo di casa mia c’era una cisterna da 200 lt, si riempiva di notte per farne boun uso di giorno. Ma ancora oggi se guardo i tetti terrazzati delle case di Messina, qualche cisterna la vedo. Meglio prevenire, specie quando non si può curare.

C’è una frana che incombre, e si sposta di continuo, sopra le condottture che dall’Alcantara portano l’acqua alla città. La frana preme, le condutture cedono e ci si rimpalla le responsabilità, tra serviti e servitori.

“A ‘moffa ò ‘suddatu”: lo schiaffo al soldato (di guardia). Era un gioco in voga negli anni ’60 del secolo scorso. A turno si stava in piedi volgendo le spalle ai contendenti e mentre una mano copriva la visuale sul lato destro, la mano sinistra si apriva, passando sotto l’ascella destra, per ricevere uno schiaffo o una carezza d’origine sconosciuta. La seconda parte del gioco prevedeva che il soldato indovinasse chi l’avesse toccato. Gli altri partecipanti si mimetizzavano con aria innocente. Un allenamento utile per ogni evenienza.
Oggi per l’acquedotto che sembra la tela di Penelope, intessuta di giorno e disfatta di notte, non si riesce a venirne a capo. Se solo Hollywood fosse più vicina, potrebbe imprestare un Supereroe di celluloide per una pellicola che sembra senza fine.

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