Pensionandi da quota 100

Il governo gialloverde sembra abbia intenzione di mettere mano alle pensioni. La legge attualmente in vigore non è esaltante, anzi l’ho molto criticata per aver aumentato, dalla mattina alla sera, gli anni di contribuzione necessari prima del ritiro dal lavoro. Ma la legge Fornero ha un pregio, quello di aver mantenuto quasi inalterati i saldi pensionionistici. In parole povere se prima bastavano 40 anni dicontributi per aver diritto a circa l’80% della media retributiva, la riforma del 2012 ha innalzato gli anni di contribuzione a 43 (circa), mantenendo i diritti per i periodi di contribuzione figurativa (maternità, servizio militare ecc.). Le due forze al governo attualmente fanno trasparire dalle loro parole,  e solo parole perchè di atti se ne vedono pochi, che sono orientati verso una anticipazione della forma pensionistica contributiva.

Con la legge in vigore il sistema contributivo si applicherà per intero a chi nel 1993 non poteva vantare 18 anni di contribuzione. Facendo un rapido calcolo chi ha iniziato a lavorare prima del 1975 percepisce attualmente una pensione calcolata con il sistema misto, ovvero calcolo retributivo sino al 1993 e sistema contributivo per gli anni successivi.

La legge Fornero comunque aveva lasciato degli spazi per consentire di accedere alla pensione anticipatamente, spazi denomitati “opzione donna” ma non ultime le 8 salvaguardie dirette a compensare allo squilibrio che l’innalzamento repentino degli anni di contribuzione stava provocando.

Con il ricalcolo contriburivo le perdite economiche per i neopensionati sarebbero molto consistenti. Le donne innanzitutto, che potrebbero non vedere più riconosciuti i periodi di contribuzione figurativa per maternità, sia obbligatoria che facoltativa, ma non ultimi potrebbero venir meno anche i periodi figurativi, sia per i maschi che per le femmine, relativi a malattie, infortuni e non ultimi i peridodi di aspettativa per assistere genitori o figli disabili.

Spero che prima di sedersi intorno a un tavolo e decidere sulla base delle opportunità di cassa immediate, il Governo ascolti anche le parti sociali attraverso i loro rappresentanti, in caso contrario verrebbe scatenata una macelleria sociale senza precedenti proprio tra coloro che, già con la riforma Monti/Fornero, hanno posticipato la pensionedi 8-10 anni.

Sarà per questo, una macelleria presentata come pasticceria, che Conte e Junker dopo l’incontro di domenia scorsa, si sono lasciati cordialmente e lo spread è diminuito?

Anticipo d’inverno

Dopo una lunga   estate, quest’anno l’autunno ha accorciato i suoi tremuli giorni regalandoci un  anticipo   d’inverno. Così una tranquilla escursione programmata  in  questi  giorni  nella foresta  della valle  d’Intelvi,  è stata colorata non dal giallo e dal rosso autunnale ma  dal bianco candido della neve caduta qualche giorno fa.

(le immagini s’ingrandiscono cliccandovi sopra)

Lo spread, il metro abusato.

Da una decina d’anni sentiamo parlare di spread, un parametro che non sopporto perchè usato in maniera impropria dai mass media, un elemento tecnico per determinare il futuro economico, ben sapendo che in economia l’unica legge esatta è quella del senno di poi.

I più sanno che se aumenta lo spread aumentano i tassi dei mutui e gli interesssi che lo Stato paga. Tutto vero ed altrettanto falso.  I tassi dei mutui potrebbero anche non aumentare, non subito perlomeno.  mentre i tassi di BOT, BTP, CCT etc. nell’mmediato ne risentono per riflesso.

In soldoni, riferendomi ai titoli di Stato, non significa che quelli posseduti acquistano in rendimento o producano maggiori esborsi, significa semplicemente che se ho necessità di venderli dovrò accontentarmi di un prezzo inferiore al loro valore nominale. Esempio: ho 1000 € di BTP del 2016 con scadenza 2020, rendimento x,xx, se oggi decido di venderli realizzo circa 986,00 €, ma se li tengo sino alla scadenza la perdita non c’è, nel 2020 saranno rimborsati comunque 1000 € (più le cedole x,xx).

Detto questo dove sta l’inghippo? All’atto pratico lo spread misura la fiducia del creditore nel debitore. Se il creditore sente che lo spread sale chiederà interessi più alti per il rischio che corre. Rischio legato non all’insolvenza del debitore ma all’incertezza delle proprie necessità, non facilemente prevedibili vista anche l’incertezza goliardica che suscita chi govermna. 

In questi giorni c’è un’asta di BTP con scadenza 26 novembre 2022, rendimento garantito 1,45% oltre il tasso d’inflazione italiano e premio finale dello 0,40%. Le prime 2 giornate hanno avuto scarse adesioni, ne restano altre 2 per i piccoli risparmiatori. Dopo il 22 la palla passerà agli investitori istituzionali (banche e fondi d’investimento), arriverà anche la mano carezzevole della BCE con il quantitative easing. Il prezzo, attualmente a 100, verrà fissato il 26 e potrebbe essere inferiore, ma anche superiore. 

Quale il rischio per chi presta o investe? Escludendo il default dello Stato o un consolidamento del debito (congelamento dei prestiti ricevuti) l’unico rischio è quello detto prima, ovvero la necessità di liquidità che in un momento di turbolente volatilità può determinare una perdita. In alternativa c’è la mattonella, l’unica che garantisce il capitale. Capitale che però viene eroso dall’inflazione e non da rendimenti se non in situazione deflattiva.

Considerando i programmi di Governo, quota 100 (che impoverirebbe i futuri pensionati aumentando i costi dello Stato) e il fantomatico Reddito di Cittadinanza, l’unica prospettiva è quella di vedere sminuito il potere d’acquisto, ovvero  un aumento dell’inflazione, l’unica tassa a cui nessuno può sfuggire e i governanti adorano.

La BCE e i PIGS

Se penso ai tanti post che ho scritto di critica all’Europa e alle politiche che ha portato avanti dovrei dire che sono il meno titolato a dir bene dell’Europa.

Cos’è che accomuna i regni di Spagna, Danimarca, Belgio, Olanda, Svezia, Norvegia, Lussemburgo, Monaco, Andorra e Inghilterra (sin quando non realizza la Brexit) con le altre repubbliche europee? Di primo acchito direi la democrazia e le varie costituzioni che riconoscono l’uomo, il lavoro e la libertà come regola fondamentale.

Quando un uomo è veramente libero? A mio parere quando il suo lavoro è libero, ovvero quando non deve sottomettersi per avere di che vivere. Negli ultimi 18 anni la nostra libertà è aumentata o diminuita? Abbiamo avuto dei grandi scombussolamenti con dentro due crisi economiche gigantesche che in comune hanno avuto il baratro della deflazione. La prima, quella dei crediti spazzatura che ha investito gli USA, con il fallimento di un centinaio di banche, ha contaggiato mezzo mondo ed in particolare noi europei. Quasi contemporaneamente si è scatenata la speculazione sul debito pubblico dei paesi del Mediterraneo europeo, i PIGS ovvero Portogallo, Italia, Grecia e Spagna. Stando in casa nostra vorrei ricordare che nel periodo 2009/2012 la forbice tra i titoli di Stato italiani e quelli tedeschi si è allargata sino ai 600 punti base e che in quel periodo sono stati emessi BTP con rendimenti tra il 9 e il 10%. Con tassi di quel tipo il capitale raddoppia dopo 7-9 anni. La diminuzione del debito pubblico divenne allora fondamentale.

Il costo del denaro non lo decide la Commissione europea, lo decidono i prestatori di denaro insieme al debitore.  

Quando la speculazione s’è fatta ancora più agguerrita nei confronti dei PIGS c’è stato l’intervento della BCE che acquistando titoli di stato insoluti ha calmierato i prezzi (Quantitative Easing). Un regalo della BCE? No, penso che lo abbia fatto per tutelare gli interessi di tutta l’area Euro, dove nessuno Stato è un’isola autarchica. Se fosse caduto un gigante come l’Italia avrebbe fatto male a tanti.

Se voglio a tutti i costi comprare una macchina nuova e sono affamato di soldi, devo essere disposto a riconoscere un interesse maggiore a chi i soldi me li da. Se non voglio rinunciare o rinviarne l’acquisto, posso risparmiare sulle uscite, posso trasferire il debito sulle generazioni future o scaricarlo sui contemporanei generando inflazione (l’unica tassa a cui nessuno riesce a sottrarsi).

Incantapopolo

Sono stati commemorati in questi giorni i 100 anni dalla fine della prima guerra mondiale, quella che ha distrutto milioni di vite in Europa. Finì la guerra e inizio la pace? Non c’ero, ma so che meno di 20 anni dopo si viveva una nuova guerra mondiale, si vede che la pace non era nel DNA europeo. Faccio un altro conteggio e dico che nell’ultimo secolo ci sono state due guerre mondiali, tutte e due esplose tra stati europei e che solo gli ultimi 70 anni sono stati di pace per molti europei, non tutti. Da vent’anni abbiamo una moneta unica, una banca centrale che opera per tutti gli stati, riusciamo a viaggiare tra uno stato e l’altro senza necessitare di passaporti, possiamo comprare e vendere dove ci pare, la segnaletica stradale è uniforme, i carburanti si chiamano con le stesse sigle e i treni viaggiano su rotaie uguali per tutti. Le cure negli ospedali sono riconosciute a tutti come cittadini europei e i nostri bambini sino ai dodici anni entrano gratis in tutti i musei dell’Europa Unita. Eppure non c’è una parola che faccia da colllante all’Unione Europea, non siamo Stati Uniti d’Europa, non siamo Confederazione e la Costituzione è ancora un abbozzo. Perchè? Forse è per il fatto che non si è voluto riconoscere l’unica vera radice europea che davvero ci unisce. Settanta anni di pace non sono riusciti a farci ricordare che l’Europa è stata dilaniata dai nazionalismi, dai nazismi e fascismi sviluppatisi tra le due guerre mondiali. Abbiamo dimenticato che dai Pirenei agli Urali, dal Mediterraneo al Mar Baltico l’unico vero unanime nemico che abbiamo sconfitto è stato il nazionalismo sfociato nel nazi-fascismo e che in tutti gli Stati c’è stata una lotta di Resistenza.

Eppure gli incantapopolo stanno tornando alla luce per riportarci indietro di 70 anni. Incantapopolo forti della nostra scarsa capacità di ricordare come siamo venuti fuori dalla tragedia, e come sia facile tornarci.

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