Il susseguirsi di maxirisse ad opera di fanciulli adolescenti mi fa interrogare su cosa li spinga ad affrontarsi nelle piazze delle città.
Riprendendo il motto che ho adottato per questo blog, ripercorro a ritroso le mie esperienza.
Ripenso alle baruffe che di quando in quando scoppiavano nel quartiere tra noi adolescenti, e ai motivi che li scatenavano.
Il mio era un quartiere a pettine, ovvero una via principale da cui si dipartivano delle perpendicolari leggermente più strette dette traverse.
L’aldiquà e l’aldilà si delineavano facilmente.
Lo gibboso, il rosso, il secco, il faccia di morto abitavano all’aldilà della strada maestra, se li si vedeva di qua erano fischi, sollazzi e magari lancio di pietre,
Se uno di noi si avventurava di là sapeva che doveva stare attento, avrebbe avuto lo stesso trattamento. Eravamo separati dalla via Larga, eravamo in perenne competizione. Ci preparavamo alla vita, alla lotta per la sopravvivenza.
55 anni fa non c’erano i social, si faceva gruppo in strada, si giocava a pallone in strada, si facevano le corse in bici tra le traverse, si raccoglievano i tappi di latta e si giocavano le figurine al soffio tra scalini e marciapiedi.
Quando fu inaugurato l’oratorio ci trasferimmo in massa, ci mischiammo e non poteva essere altrimenti. Il prete era don Bono solo di nome, e prima o poi ci si doveva confessare. Ci dividemmo in squadre per giocare a pallone, ci sfidavamo a chi era più bravo a fare qualunque cosa, non eravamo più divisi da una strada e dalle sue traverse. In parole forbite scoprimmo la coesione, la coabitazione, il vivere civile.
Negli ultimi decenni il tempo libero degli adolescenti è stato riorganizzato selettivamente. Ogni città, cittadina, paese, frazione ha i suoi campi di calcio, palestre, piscine … ogni ragazzo fa una, due o più attività motorie, si mette in competizione con gli altri e con se stesso e comprende che far parte di un gruppo non ha bisogno di antagonismi, capisce che la gara diverte ed ha bisogno degli altri.
Con il loockdown tutto questo è venuto a mancare, ci si trova da quasi un anno ad essere chiusi in casa e l’unico mezzo di contatto sono i social dei servizi telematici. I contrasti a causa della ridotta capacità comunicativa (sguardi, ammiccamenti, sorrisi, pacche..) si acuiscono, si formano nuovi gruppi omogenei non per attività ma per cotrasto. La gara a primeggiare immancabilmente viene a galla, non ci si addestra alla sopravvivenza stando sul divano, ascoltanto dei pà e mà annoiati, o una televisione stereotipata. A stare in casa manca tutto, anche la musica diventa afona senza contatto.
Bastano dei messaggi watszap e ci si ritrova in piazza a giocare come i cuccioli di lupo o di leone. Qualche ammaccatura alla sera diventa una medaglia al valore da mostrare il giorno dopo nel proprio giro.
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