La maestra della mia scuola non ci ha insegnato solo a leggere e scrivere, ci ha insegnato a lavarci le mani con il sapone girato e rigirato sino a quando una schiuma densa non avrebbe avvolto le dita.
Si era nel 1961 quasi 1962 poco importa, devo aggiungere che la mia scuola era in un quartiere povero della città? Imparare l’igiene era fondamentale, le infezioni si trasmettono non solo attraverso il respiro, si trasmettono anche attraverso la pelle. Pulire, detergere, idratare: tre verbi mai dimenticati.
Pulire: ha davvero senso pulire se stessi e non pulire il mondo? Un mondo pulito, senza soprusi, senza ingiustizie, senza diseguaglianze e senza abusi. Non basta lavarsi le mani, anche quel che ci circonda può far male, occorre pulire a fondo: ma è davvero necessario?
Detergere: è quasi sinonimo di pulire, ma se lo riferisco al sudore, mi pulisco di qualcosa che viene da dentro di me, che oltre me infastidisce il mondo che mi circonda. Quindi detergere per farsi accettare, ma anche per camuffarsi, per non riconoscersi dall’odore: però ogni profumo richiama alla mente qualcosa, riconosciamo l’odore fasullo.
Idratare: questo è l’opposto di detergere, sono sostanze esterne che si avvicinano alla pelle, che la corroborano, l’arricchiscono idratandola: la fede in quel che si assumila è essenziale.
Cara Maestra, potrei chiamarti per nome, non occorre, ormai riposi da anni e non mi va di disturbati, la lezione l’ho imparata. Per cena questa sera preparavo i carciofi e mi sei tornata in mente “per lavare le macchie che lasciano i carciofi usate il limone”. L’ho fatto, le mani sono candide, la lezione è servita, eppure mi sembra di stare in un tunnel dove le ombre si rincorrono: è quasi Pasqua.