Il Carnevale di Caravaggio

Nel pensare il titolo e scrivere in maiuscolo la lettera iniziale di carnevale per forza di cose ho sorriso pensando a quanti passeranno da qui illudendosi di trovare un dipinto finora sconosciuto del Caravaggio. A scanso di equivoci si tratta della città e non del pittore, siamo a carnevale ed ogni scherzo vale. La nostra festa non sarà sfarzosa ed illustre come quelli di altre città, ma è un evento che nella sua semplicità riunisce migliaia di persone che tra lazzi e scherzi possono sentirsi protagoniste.

Nel guardare le foto qualcuno si chiederà che ci fanno i carri di carnevale su un viadotto. Gli organizzatori quest’anno han pensato bene che i festeggiamenti della domenica vedessero i carri partire da Caravaggio, raggiungere le due frazioni di Vidalengo e Masano per concludere la festa nella vicina Fornovo San Giovanni. E questa sera si continua …. (pioggia permettendo).

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Il ritorno dei migratori

Non c’è frontiera che tenga, appena l’aria comincia a scaldarsi tornano, nidificano e quando vogliono vanno via.

Siamo alla fine di febbraio, l’aria si è intiepidita e loro son tornati, un grande strormo su un prato che colora la pianura di bianco. Sui rami dei pioppi decine di nidi.

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Tassare i robot

Sulla prima pagina del Corriere della Sera del 19 febbraio c’era un’intervista a Bill Gates in cui tra l’altro considerava che «Oggi se un essere umano guadagna 50 mila dollari all’anno, lavorando in una fabbrica, deve pagare le imposte. Se un robot svolge gli stessi compiti, dovrebbe essere tassato allo stesso livello». Finalmente si è levata una voce importante a ribadirlo. Già 4 anni fa lo dicevo in questo post ed anche in quest’altro. Probabile retaggio di letture giovanili, come il bel romanzo di fantascienza letto nel 1979 dal titolo “Distruggete le macchine” di Kurt Vonnegut (Indianapolis 11/11/1922-Manattan 11/04/2007) che nel 1952 con il titolo “Player piano” ipotizzò un ” … gigantescoimage_book-php

cervello elettronico capace di computare miliardi di dati al secondo, … capostipite di un nuovo genere di intelligenza. Gli esseri umani non hanno più senso perché non c’è nulla che una macchina non possa fare per loro. L’intero sistema sociale è riprogettato in modo che l’uomo sia lo schiavo della macchina. Le casalinghe impiegano cinque minuti al giorno per sbrigare tutte le faccende di casa, non c’è più bisogno di uomini per le fabbriche, non c’è più bisogno di persone che costruiscano nulla. La libertà dei cittadini è interamente programmata e stabilita da un sistema efficientissimo di macchine che selezionano i migliori, coloro che devono pensare a rendere ancora più efficiente il sistema” Il virgolettato è lo stralcio di una recensione analitica di Giuseppe Pili pubblicata cinque anni fa su Scuola Filosofica.com.

Fatta questa premessa a me viene in mente  Target2 che attualmete regola i debiti quotidiani degli europei, e le tante macchine che hanno sostituito l’uomo e non solo per lavori gravosi ma anche quelli noiosi. Ci pensavo ancora ieri mentre ero a sollazzarmi su una pista di sci di fondo a Flassin (Saint Oyene – AO). Ebbene in questa pista di fondo il pagamento del pedaggio è affidato ad un emettitore automatico. Sino a qualche anno fa questo compito era affidato ad un addetto/a che rilasciava i biglietti di accesso all’ingresso della pista. Quando la casupola era chiusa e l’addetto non c’era si era esonerati dal pagamento, vuoi per scarso innevamento, vuoi perchè non valeva la pena di spendere tempo per i pochi fruitori della pista. A volte capitava che intorno a mezzogiorno si presentasse l’esattore per il pedaggio (ore più calde e con maggior numero di utenti), nessun dramma, si pagava e amici come prima.

Ieri, vedendo il gabbiotto chiuso ho tratto le mie conclusioni e dopo due ore, finalmente stanco e soddisfatto, ho sistemato gli sci nella sacca e quest’ultima sul pullman. Mentre mi reacavo al bar attiguo all’ingresso del foyer della pista, ho notato la macchinetta per il pagamento del ticket. Ormai era andata, ho sciato gratis, nessun rimorso nei confronti della macchinetta, un po’ nei confronti del battitore della neve che comunque ha una colpa, quella di affidarsi ad una macchina e non avere il tempo di effettuare i controlli di accesso.

Nell’era dei robot non si può delegare tutto all’automazione, gli automi saranno esentasse ma fanno perdere incassi.

 

Come bruciare i soldi e ipotecare il futuro.

soldi-bruciatiImmaginiamo che qualcuno di noi conservi in casa 12.000 €, frutto di risparmi mensili, con il fine di acquistare qualcosa, tipo un’automobile, e ad un certo punto prenda 100 € di quei risparmi e li bruci o li butti nella spazzatura, di sicuro non commette un reato, ma rischia di farsi interdire per insania mentale e, vuoi per non rischiare l’intervento di un giudice, vuoi per altri ovvi motivi, quasi nessuno si sognerebbe mai di tenere in casa tanta carta moneta. Allora cosa si fa? Li si tiene sul conto corrente, a bruciarli ci pensa lo Stato, almeno non si corre il rischio di essere tacciati di pazzia. Dico questo in quanto oltre al bollo di  € 34,20 che grava sui conti correnti bancari e postali, su una giacenza media di 5.000,00 € si paga un’ulteriore imposta di € 34,20 (introdotta con il famoso decreto Salva Italia (come ricordavo anni fa su questo post)), che aumenta sino ad un massimo di € 1.200,00 all’aumentare dei depositi.

Si badi bene non sto parlando dell’imposta sugli interessi maturati sul risparmio che è una cosa a parte, ma proprio sui soldi risparmiati. Un qualcosa che trovo non un bieco espediente per fare cassa, ma un vero e proprio bruciare banconote, quindi come minimo il legislatore andrebbe interdetto, ma questo non è possibile perchè il legislatore lo elegge il Popolo Sovrano ed interdire il popolo è quantomeno incostituzionale.

Da quasi un secolo si celebra la Giornata del risparmio e lo è stata anche lo scorso 27 ottobre. Ho letto la relazione del Governatore Ignazio Visco (cliccare qui per accedervi) e tutto il discorso sembra sottendere ad una strenua difesa del sistema bancario al fine di tutelare il risparmio gestito dagli Istituti di Credito. Cosa c’è dietro? Leggerezza? Incapacità? Furbizia? Sfruttamento della credulità? Intanto, mentre i dubbi si affollano, il risparmio (quello piccolo perlomeno) continua ad essere limato e quando finalmente vai ad acquistare la macchina ti senti proporre un finanziamento dell’importo totale a tasso zero. Nel dubbio di aver sbagliato epoca e pianeta mi domando se è questa la spinta effettiva per la tanto agognata crescita: bruciare denaro ed ipotecare il futuro.

PS: quando ho finito di scrivere questo post ho appreso dell’esistenza di un sito, a cui collaborano le principali associazioni a difesa dei consumatori, che fornisce consigli utiti su come gestire al meglio il proprio denaro, il link è questo: http://www.curaituoisoldi.it/

Parco del Basso Brembro

Dove nasce il Brembo? Ognuno tira acqua al suo mulino,  campanilismi che lo vedono nascere ora da un torrente, ora da un laghetto, di certo si può affermare che il Brembo, fiume a carattere torrentizio, nasce a Sud dell’arco delle Prealpi Orobiche compreso fra il Pizzo dei Tre Signori e il Pizzo del Diavolo, alimentato da tutto quanto fa acqua. Il suo alveo si snoda per 80 km prima di confluire nell’Adda, lungo il percorso scava profonde gole come nella valle che prende il suo nome, ma anche nella pianura, come nel tratto tra Ghiaie (una frazione di Filago) e Canonica d’Adda, dove mischia la sua acqua a quella dell’Adda.

Una parte di quest’ultimo l’ho percorsa insieme agli amici del CAI, accompagnati da una guida del Parco del Basso Brembo che ha permesso  di leggere indizi ed elementi che altrimenti non avrei notato. Una semplice foto come quella del greto del fiume, una composizione di sassi arrotondati, ne segnala la natura torrentizia che da dimensioni ridotte, come in questo periodo invernale caratterizzato da assenza di piogge, in poco tempo si ingrossa e scorrendo rapido fa rotolare i sassi sino a farli diventare sferici.

Lo strato di terreno è molto sottile, appena una trentina di centimetri, sufficienti ad ospitare specie vegetali annuali come erbe e fiori, che all’arrivo dell’estate spariscono per l’assenza di acqua e la scarsa capacità del sottile strato di terra di trattenerla. Il carattere di fiume torrentizio è ancora più marcato nella gola scavata dalle acque, dove giacciono i piloni che sorreggevano le arcate di Ponte Corvo, costruito dai romani oltre 2000 anni fa e abbattuto dalla furia del fiume. A tutela del ponte, che garantiva entrate tributarie, si pensa sia stato costruito il vicino castello di Marne.

Il lavoro del tempo, con le sue variazioni stagionali, consente anche l’accumulo di un conglomerato ghiaioso che opportunamente lavorato ha consentito di ricavare vari manufatti nel corso dei secoli. Ancora oggi possiamo notare  nei resti della basilica di Santa Giulia, capitelli e colonne di arenaria e conglomerati, chiamati qui ceppo dell’Adda e altrove ceppo lombardo, che resistono al trascorrere del tempo grazie a restauri e manutenzioni, con cui si cerca di mantenere vive le antiche vestigia. Quel che resta di Santa Giulia sono l’abside e l’altare, il resto, divorato da un incendio che ne fece crollare il tetto e i muri, fu adibito a cimitero nelle cui lapidi resistono come testimoni muti, significativi epitaffi della vita trascorsa.

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Lo specchio e la pozzanghera (di Rosanna Cenni)

Saranno state le vanterie dei 5* a proposito di 400 buche riparate a Roma in sette mesi di nuovo corso, mi son tornate in mente delle foto fatte tempo addietro a delle pozzanghere romane. Volevo mettere un titolo in romanesco, ma come si dice pozzanghera  in dialetto? Mi sono affidato a google che mi ha restituito una simpatica e al tempo stesso amara poesia di Rosanna Cenni, che non so chi sia e se passa di qua le consiglio di aprire un blog che non sfigurerebbe,  ma è li su facebook e dice cose importanti nella sua semplicità. Spero non ne abbia a male se l’ho presa in prestito per rendere più riflessivi questi scatti in cui si specchiano indifferentemente uomini d’oggi e costruzioni antiche, giusto in tempo prima che la pozzanghera s’asciughi.

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Lo specchio e la pozzanghera

N mezzo a na strada vicino a n cassonetto,
ce sta no specchio, luccica cor sole
Se guarda se riguarda poveretto
Nu riconosce più er suo splendore
ma li passanti su quer marciapiede
butteno l’occhio pe fa riflette er corpo
nessuno ce se ferma pe vergogna
perché oramai lo specchio è tutto rotto.
Ai piedi sui se trova ‘na pozzanghera
che ner vede’ la scena se commove
e come pe tiraje su er morale
Je dice: nun esse’ triste, daje, nun se more!, capita pure de diventa’ vecchi
ma ar tempo tuo sei stato un gran signore,
Guardeme a me
rifletto tutto quanto, monumenti, omini donne e regazzini,
me faccio er mazzo
e tu nun sai quanto
pe poi sparí
quanno ch’esce er sole!

(Rosanna Cenni)

Cornello dei Tasso

S’è mai visto che dei camminatori raggiungessero una meta per vie normali e asfaltate? Giammai, anche se la meta è una tavola imbandita si parte da lontano, stimola l’appetito.

Così per raggiungere Pianca, dove ha sede la Baita della sezione CAI di Vaprio d’Adda, si parte da San Giovanni Bianco e attraverso l’antica Via Mercatorum si giunge prima ad Oneta (luogo natale di Arlecchino) poi a Cornello dei Tasso. Quest’ultimo piccolo borgo  dette i natali alla famiglia dei Tasso che nella toponomastica ne riporta il nome. Quando si dice Tasso naturalmente il primo pensiero va a Torquato,  che però non vi nacque, vide la luce a Salerno. Qui aveva le sue radici e vi trascorse due brevi periodi, il primo quando il padre ve lo rifugiò a dodici anni, in quanto le sue sorti, legate alla corte del principe Ferrante Sanseverino, divennero precarie e lo costrinsero a peregrinare tra le corti di Sicilia, Campania e Roma; la seconda volta fu a quarantatrè anni, dopo essere stato liberato dalla prigione di Sant’Anna nel ferrarese. I brevi periodi trascorsi nel luogo d’origine della famiglia gli ispirarono il sonetto:

Terra, che ‘l Serio bagna, e ‘l Brembo inonda,
che monti, e valli mostri all’una mano,
ed all’altra il tuo verde, e largo piano
or ampia, ed or sublime, ed or profonda;

(Sonetto CDXLVIII, vv. 1-4)

Fatto questo breve preambolo occorre chiarire che il ramo della famiglia Tasso riportata nella nomenclatura si riferisce a quella di Simone Tasso, ovvero colui che dette vita alla prima rete postale europea già nel 1490, e che per 200 anni consenti la consegna di missive da Roma ai Paesi Bassi o in Portogallo in cinque giorni. Quel che idearono i Tasso fu un sistema capillare di staffette e stazioni di posta collocate a distanza di 5 miglia l’una dall’altra. In esse stazionavano dei messaggeri.  Un messaggero stava sempre in attesa dell’arrivo di quello precedente, il quale quando si avvicinava sul suo cavallo, suonava un corno (ecco perchè il logo postale lo richiama) così quello che riposava nella stazione di posta, udendo il segnale era subito pronto a partire al momento della consegna. Nel borgo è ospitato un museo che ne ripercorre la storia (http://www.museodeitasso.com/it)

Cornello dei Tasso che si sviluppa su quattro livelli è attraversato nella parte bassa, coperta d’archi, dalla via Mercatorum che collegava alla Valtellina e quindi alla Svizzera e all’Austria. Caratteristico l’insieme di archi della parte inferiore su cui si affacciavano gli antichi negozi, uffici e scuderie, costruzioni a strapiombo sul Brembo che scorre nel fondo valle e che rendeva il luogo una fortezza. E’ presente un albergo e non manca un campanile un poco pendente.

NB: Cliccando sulle foto di ogni singola galleria, s’ingrandiscono a tutto schermo.

Rapidità del processo, certezza della pena e sua esecuzione

cattura

Rapidità del processo, certezza della pena e della sua esecuzione, in sintesi è quello che desideriamo facesse sempre lo Stato. Il mancato rispetto di questa regoletta basilare genera incertezza e frustazione negli individui. Quando si è costretti a farsi giustizia da soli purtroppo qualcosa non funziona, il bisogno di giustizia fa parte della vita sociale, da ordine ai rapporti tra gli uomini. Aspettare anni per avere una sentenza che non è mai definitiva attendendo altri gradi di giudizio, getta le persone in uno di stato di abbandono mentre scorrono i giorni e i mesi che diventano anni. Intanto i pensieri vanno cercando una soluzione al proprio male come fossero la radice di un pianta che scava nella terra per trovare l’acqua che la nutre. Anche se avvelenata è comunque acqua.

“,,,Dal dí che nozze e tribunali ed are / diero alle umane belve esser pietose / di se stesse e d’altrui …” sono parole che mi tornano in mente nel distinguere l’uomo dalle belve. I tre movimenti dell’uomo che ha ucciso un altro uomo che aveva causato la morte dell’amata, rispecchiano il percorso di questi versi di Ugo Foscolo. La mano dell’uomo a cui è stato reciso il legame con la consorte si arma, a modo suo si fa giustizia e depone l’arma sulla tomba della donna, infine chiede di esser prelevato per sottoporsi al giudizio di chi si perde tra carte e bollati, consegnandosi ad una condanna certa mentre noi piccoli uomini, a cui è negato il giudizio, intuiamo di chi è colpa.

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Quando finalmente i vigili del fuoco ebbero sfondato la porta, l’odore, che fino a quel momento era filtrato attraverso gli spiragli, si diffuse per tutto il pianerottolo. La signora Lotti, che abitava nell’appartamento di fianco, fece un passo indietro; i volontari della Misericordia entrarono con la barella; Lorella strinse il braccio di suor Maria Consolazione.

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