Un pomeriggio estivo come tanti, improvvisi due botti che sembrano due spari. Impossibile è estate non siamo a carnevale o a capodanno quando i ragazzi giocano con i petardi.
Mentre esco coi cani sento ancora due botti. Il pensiero va ai miei compagni, avranno paura? No, si, forse, chissà, comunque andiamo, il capo branco sono io, devo dare fiducia.
Cento metri e siamo in campagna, il canale di fianco alla stradina scorre silenzioso portando acqua ai campi.
E’ estate, le edere stanno avvinghiate ai tronchi di robinia mentre un caprifoglio si fa spazio tra i rovi spandendo il suo profumo.
Sul prato fiori selvaggi dai nomi a me sconosciuti, di cui riconosco solo i colori, con lo sfondo verde del mais che ogni due giorni raddoppia in altezza e tra le cui file trovano riparo anche fagiani, e qualche coniglio liberato dalla cattività di un allevamento, ha scavato la sua tana.
Due botti ancora. Comincio a pensare che stiano macellando mucche e maiali.
Illy, uno dei due cani che finalmente ho liberato dal guinzaglio, al nuovo rumore degli spari si ferma e scappa per far ritorno a casa.
L’altro cane, giovane e con qualche gene da caccia, corre contento per tuffarsi in acqua. Andiamo verso le cascine, le mucche sono tutte nelle stalle e i botti, a coppie, continuano.
Poi incontro uno dei miei vicini di casa, anche lui a spasso per prati con i suoi cani e mi dice di aver incontrato Illy lungo la strada. Rispondo che sa dove andare, ha avuto paura degli spari.
Mi informa che sono le guardie venatorie del corpo forestale della provincia. Sparano ai piccioni che invadono le zone intorno alle stalle sino a spingervisi dentro e nidificare negli anfratti dei tetti, piccioni che portano malattie alle mucche. Insomma è un’azione preventiva per il bene della salute pubblica.
Oggi è il il giorno dopo, sono uscito per un altro giro con i cani ma in campagna ogni tanto ho incontrato ciuffi di piume e nessuna carcassa dei piccioni abbattuti. Di sicuro durante la notte altri animali hanno approfittato dell’improvvisa abbondanza di cibo, un banchetto per cornacchie e nutrie.
Tra me e me una domanda che appare retorica. Come mai, mi chiedo, ci sono così tanti piccioni e colombacci? Risposta semplice: abbondanza di cibo prima di tutto, poi la progressiva diminuzione della presenza dell’uomo ormai sostituito dalle innocue macchine.
Eppure colombi e piccioni sono stati portatori di buone notizie: Mosè sull’arca lesse la fine del diluvio nel becco di un piccione; degli uccelli annunciarono a Colombo la vicinanza della terra. Anche la nascita di Roma è legata ad un volo di uccelli. Oggi ci danno fastidio, sono un pericolo, anche se qualcuno ne raccoglie il guano in isole lontane per ricavarne profumi.
A ognuno le proprie considerazioni, questa è una metafora del nostro vivere quotidiano. Solo un ultimo appunto in questa storia: com’è naturale i piccioni sono volati via, ma anche gli uccelli insettivori risparmiati dai colpi diretti, ma spaventati agli spari, han cambiato aria e, come c’era da immaginarsi, mosche e zanzare ci han preso d’assalto.