Target2 il procuratore di debiti (in maniera semplice)

 

Percorrendo in tram via Porpora a Milano, una strada che unisce i piazzali Gobetti e Loreto, gli occhi al solito fanno avanti e indietro nel leggere le insegne che appaiono oltre i finestrini, molte sono banche ovvero come dice il dizionario, “istituti finanziari che possono essere pubblici o privati e che si pongono come intermediari tra risparmiatori e produttori: d’altronde scopo di una banca è raccogliere denaro e concedere prestiti in cambio di un _DSC0221 (427x640)interesse.” Sin qui ci siamo, ma poi ognuna ha un suo nome che ne caratterizza la vocazione: istituto di credito, cassa di risparmio o anche rurale o artigiana, banca popolare, banca del monte e via dicendo. Dietro ad ogni nome ognuno si fa un’idea, in fondo sono solo dei marchi. Prendiamo quella di cui sono cliente, si chiama Banca Intesa: tra via Porpora e piazzale Loreto si contano 7 filiali dopo gli assorbimenti da parte della CARIPLO dell’Ambrosiano e la fusione con l’Istituto San Paolo, nel suo nome unisce il termine “banca”, come dire custode, mentre “intesa” secondo me si riferisce a quel punto d’incontro tra domanda e offerta del credito. Mi trovo bene o male ad esserne cliente? Non importa, io ho la mia convenienza e lei la sua. Chi ci guadagna? Sempre lei, naturalmente ci intendiamo.

Tornando alla nomenclatura le banche sono anche dette istituti di credito, perché? Non certo per magnanimità, non sono istituti di beneficenza. Sono istituti di credito in quanto concedono prestiti e mutui, ovvero i loro migliori clienti contraggono debiti da restituire: quanto maggiori sono i crediti di una banca tanto maggiori sono i suoi guadagni. Viceversa qualora il cliente della banca effettua solo depositi, la banca è in debito verso questi e gli riconosce degli interessi. Ecco che si spiega la differenza sostanziale tra una tessera bancomat in cui la banca è debitrice verso il cliente (detta carta di debito) e una carta in cui la banca concede credito e il cliente è debitore (detta carta di credito).

Quindi aver credito attraverso una carta significa un’attività utile alla banca per incassare gli interessi d’uso del denaro, viceversa il conto attivo di un cliente è un debito per la banca verso il cliente.

Detto questo cosa succede quando effettuo un prelievo bancomat presso una banca diversa da quella in cui intrattengo il conto o quando emetto un assegno o faccio un bonifico? Sono soldi che si spostano da una banca all’altra compensandosi sin dove è possibile. Ora allarghiamo la visuale, siamo in Europa, possiamo pagare e comprare in 27 paesi diversi merci prodotte in altrettanti paesi. Quante combinazioni si possono realizzare? Basta fare 27 al quadrato, cioè 729 combinazioni. Quante banche e quanti sportelli ci sono in ognuno dei 27 paesi? Un numero astronomico. Come mettere d’accordo tutti? Quante camere di compensazione ci dovrebbero essere? A questo la BCE ha provveduto grazie al sistema TARGET (Trans-European Automated Real-Time Gross Settlement Express Transfer System) già nel 1999 con l’Europa a 12, sostituito nel 2008 da TARGET2. A cosa serve questo sistema o cervellone? Serve per dare esecuzione ai pagamenti interbancari nell’area dell’euro in condizioni di sicurezza, affidabilità ed efficienza. Ha reso possibile la conduzione efficace della politica monetaria unica all’interno dell’area euro e, al tempo stesso, ha dato un rilevante impulso al processo di integrazione finanziaria e commerciale tra i paesi partecipanti. Per approfondimenti cliccare qui.

Ora proviamo ad immaginare che acquisto in Germania una macchina fotografica (ma lo stesso con un giro diverso avviene se acquisto a Cefalù una fotocamera prodotta in Germania o altrove) e la pago utilizzando la tessera bancomat. Il pos del commerciante trasmette alla mia banca in Italia l’ordine di trasferire 500 € alla banca tedesca. A questo punto entra in ballo TARGET2, perché quel che prima era un debito per la mia banca nei miei confronti, cessa di essere tale e diventa il debito di una banca tedesca nei confronti di chi mi ha venduto e prodotto la fotocamera. Per riequilibrare il tutto TARGET2 ordina alla banca tedesca di liberarsi di quei soldi e di acquistare debito italiano, così facendo e solo a questo punto la banca tedesca si trasforma in creditrice del debito italiano.

L’inverso avviene quando in Austria, in Germania in Olanda ecc. si acquista un prodotto italiano con un conseguente input elettronico. A questo punto è chiaro che il pagamento elettronico non serve solo per limitare l’evasione fiscale.Target2-1024x530

Lavorare meno, contribuire tutti

Nel corso degli ultimi anni abbiamo imparato a far la conoscenza di una parola strana, lo spread. Ormai tutti sanno che rappresenta il differenziale tra il rendimento che uno stato deve riconoscere a chi acquista i suoi buoni del tesoro e quello di un altro paese. Come riferimento da anni si prende la Germania, e questo per il semplice fatto che l’economia tedesca è, a detta delle società di rating, cioè quelle che mettono i voti in pagella, la più solida nell’euro zona. Questo ci ha fatto capire che una differenza di tasso d’interesse ampia tra i titoli nazionali e quelli tedeschi significa tassi maggiori per il collocamento dei titoli di stato. Nel caso dell’Italia, ma anche della Spagna e della Grecia, ha significato il rischio di dover pagare interessi molto alti sul prestito. Conseguenza immediata, minori somme da destinare a quello che non si ritiene utile. Infatti se l’interesse da riconoscere a chi acquista, supera il 7% significa che nel giro di 10 anni il capitale raddoppia. In soldoni in 10 anni il debito iniziale rimane uguale e si restituiscono solo interessi, il debito non diminuisce. Per un breve periodo può anche essere sopportabile, se il fenomeno dura a lungo i conti del paese coinvolto saltano.
Perché i mercati si comportano in modo che il guadagno sull’investimento in titoli di stato aumenti? Ecco questa è una domanda che spesso la gente comune si pone e la risposta è delle più semplici, vale a dire gli investitori cercano di portare a casa il massimo guadagno. L’altra domanda è perché le società di rating sono accusate di soffiare sul fuoco del rischio insolvenza degli stati? L’accusa gli è stata mossa anche da alcuni governi. Ma chi si è rivolto alle società di rating per certificare i propri bilanci? Certamente non io o un qualsiasi risparmiatore. Di sicuro viene commissionato dalle banche, dagli istituti di credito e dagli Stati. A quale scopo, se non quello di tranquillizzare i mercati?.
Difatti tutti sanno che le pagelle delle società di valutazione sono rese pubbliche. Un’ulteriore domanda si affaccia, perché rendere pubbliche le informazioni? Per giustificarsi con i propri concittadini elettori o per condizionare le aste? Anche se la prima ipotesi non è da scartare, la seconda più verosimile, se si combina con la prima, completa l’opera..
Sarebbe questo il caso ipotetico dell’Italia, della Grecia o della Spagna, che devono sottostare a esiti mercantili e condizionanti, di società che niente hanno di democratico. Condizionanti perché davanti ad interessi che salgono il debito aumenta. Ci sono altre vie per far diminuire il debito in maniera molto meno dolorosa della terapia d’urto somministrata sinora dai governi? Secondo me si.
Se tutti noi oggi facessimo un’analisi della nostra situazione reddituale e lavorativa al netto dei debiti, nonché delle nostre necessità vitali, di quanto denaro avremmo effettivamente bisogno per poter vivere? Probabilmente non andremmo oltre i 400 € pro capite, mensili. Facciamo finta che ne guadagniamo due o tre volte tanto. A cosa ci serve il surplus di guadagno? Quanto tempo dedichiamo al lavoro per ottenere un surplus che non ci serve per vivere? Di quanto tempo lavorativo necessiteremmo per ottenere il necessario per vivere? La risposta è ovvia, meno della metà.
Se un bambino ci chiedesse “ma chi ve lo fa fare a voi grandi di dedicare tanto tempo al lavoro per poi non avere il modo di gustarvi il tempo libero?” Noi a quel bambino risponderemmo che ci sono altre cose cui bisogna provvedere oltre il mangiare e bere, come la casa dove si abita. E ci fermiamo li, convinti di aver dato una saggia risposta.
Questo sapere che dedichiamo al lavoro molto più tempo del necessario, lo sappiamo solo noi o lo sa anche chi decide i tempi di lavoro e svago della nostra vita? Quello che noi non riusciamo a mettere a fuoco è un’altra condizione, quella che due o tre ore al giorno di lavoro sarebbero sufficienti per vivere, che ne lavoriamo tre volte tanto e che quante più ore lavoriamo tanto più è il guadagno di chi organizza il lavoro, sia privato o Stato. Al tempo stesso le controparti, ovvero i datori di lavoro, non ci chiedono di diminuire le ore di lavoro per allargare la base produttiva e contributiva, ma solo di aumentare la produttività. La famelica voracità del capitale, in un modo o nell’altro riesce sempre a convincerci a lavorare di più. Non importa se a fronte di un milione di occupati ci sono altrettanti disoccupati, occorre convincere chi lavora che questo è indispensabile. Come? Dandogli delle motivazioni, ovvero degli input per continuare a lavorare e, vista l’impossibilità di frustare i lavoratori, occorre far sentire loro il pericolo di una vita grama, magari da disoccupato, con mutui e debiti da pagare.
Ecco la paura sociale ha sortito l’effetto di farci sentire la paura di restare senza lavoro e quindi senza soldi, senza casa, senza macchine, senza pensioni. Se si dimezzasse il tempo di lavoro sarebbero necessari il doppio di occhi e braccia per svolgere le attività che svolgiamo attualmente. La gente che lavora (base produttiva) raddoppierebbe, il debito verrebbe distribuito su una platea più ampia, ma il capitale perderebbe la sua capacità di convincimento nei confronti degli uomini e delle donne che prestano il loro tempo al datore di lavoro.
Maggiore occupazione, minor fatica, maggior tempo a disposizione? No, ci viene detto che no, non occorre maggiore occupazione ma maggiore produttività con meno occupati. Diminuendo gli occupati diminuiscono anche i fondi messi a disposizione per le pensioni, e quanto servirebbe per pagare le pensioni viene utilizzato per le varie casse di integrazione guadagni. L’alternativa prospettata e realizzata sinora, per far diminuire il debito sovrano, è stata quella di aumentare l’età pensionabile e non il numero degli occupati magari diminuendo il tempo di lavoro pro capite e mantenendo su valori accettabili i contributi che lavoratori e datori di lavoro avrebbero l’onere di versare. Con questo meccanismo si è riusciti a far sentire colpevoli gli occupati e inutili i disoccupati, e al momento giusto, in un momento di distrazione di massa, arriva la notizia che con la cura vitaminica BCE, tra un anno potremmo anche farcela. C’è da chiedersi, per far cosa?

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